Le colate di pomice sembrano gigantesche montagne di panna. L’impalbabile polvere chiara colata dal Monte Pelato viene usata nell’edilizia e nella fabbricazione dei detersivi, è un isolante nel rivestimento dei reattori atomici e un terreno di coltura per le rose; nel Medioevo veniva usata per spianare le pergamene. La superficie del mare è punteggiata
dale pietre di pomice galleggianti: chissà dove saranno trasportate dalle correnti! Sul fondo, ci imbattiamo in un’altra meraviglia del vulcano di Lipari: lucenti pietre nere punteggiano le distese di sabbia di pomice. E’ l’ossidiana, lucida e tagliente come il vetro. Oggi non ha nessun valore, ma prima dell’età del bronzo il commercio delle lamine e della punte di ossidiana fu la ricchezza delle isole Eolie, che ebbero scambi con tutti gli antichi popoli del Mediterraneo. Davanti ai ruderi della cava di pomice, maestoso presepio abbandonato, il mare consuma lentamente i vecchi pontili adibiti all’imbarco della pomice su navi di tutte le bandiere. I raggi del sole si rincorrono fra gli interstizi dei pali sommersi, sembra di assistere allo scenario di un altro mondo. Panarea è la più piccola e la più vecchia delle isole Eolie. Ma per quale ragione in essa non si distinguono le forme di un vulcano? La risposta è nelle inquietanti colonne di bolle che salgono dal fondo del mare... L’acqua diventa improvvisamente tiepida. Le emissioni gassose dominano il paesaggio sommerso: stiamo nuotando sopra la bocca del vulcano, queste bolle ci rivelano che non è del tutto
addormentato! Le fumarole sommerse riscaldano le rocce e depositano sul fondo un candido velo di zolfo e di allume. Ci avviciniamo a Stromboli, vulcano attivo sin dalla notte dei tempi. L’isola è rimasta la sola, nel Mediterraneo, a tuonare ed emettere bagliori intermittenti: con il suo cuore di fuoco, è il più luminoso faro del Tirreno. Strombolicchio è un castello di lava pietrificata: questa torre è il condotto lavico del più giovane vulcano delle Eolie. Nelle acque di Basiluzzo scopriamo le strutture sommerse di un antico porto romano. Dalla villa romana che era costruita sulla sommità di uno scoglio, il proprietario, evidentemente un miliardario del tempo, poteva ammirare lo splendido spettacolo dell’eruzione notturna dello Stromboli; a sette metri di profondità ci appaiono le strutture del piccolo porto che permetteva l’approdo alla villa. Queste mura sommerse testimoniano che lungo i fianchi di Basiluzzo i movimenti della terra hanno causato un abbassamento della linea della costa. Un’insolita immersione nelle gabbie dove nuotano migliaia di spigole e orate conclude la giornata. Mentre ci avviciniamo all’isola di Vulcano, un’inconfondibile odore di zolfo impregna l’aria. Ai piedi del grande cratere, gorgoglia un laghetto di fanghi sulfurei, che per i loro effetti terapeutici vengono considerati i migliori in Italia. Queste pozze erano già famose ai tempi di Virgilio! Da queste parti dovrebbe trovarsi anche la fornace dove il dio Vulcano fabbricò l’armatura per Enea… Come tutte le isole dell’arcipelago delle Eolie, anche Filicudi è circondata da un mare limpido e luminoso. Sopra la ripida scogliera di Capo Graziano andiamo a riscoprire i resti di una vecchia cava, dove fino ai
primi anni del secolo scorso venivano fabbricate macine di pietra. Per una ragione misteriosa, il lavoro si è interrotto all’improvviso: decine di macine, preparate con chissà quale fatica intagliando la roccia vulcanica, sono sparse ovunque. Per l’estrazione, secondo un metodo molto antico, si praticavano delle piccole cavità con mazzetta e punteruolo, e poi vi si inserivano dei cunei di legno, che venivano costantemente spruzzati d'acqua. L'ingrossamento del legno provocava il distacco dei blocchi di pietra. Abbandonata sul fondo marino, ecco una macina di piccole dimensioni. Forse andò perduta durante le operazioni di carico su una nave. Dalla qualità della pietra dipendevano la sua durata e il buon funzionamento. Antiche fonti sottolineano quanto sia importante che la pietra non si sgretoli, mescolandosi al grano o all’olio. La grotta del Bue Marino, un tempo, offriva rifugio alla foca monaca. Il suo arco alto 20 metri è l’ingresso di un altro mondo: sentiamo di essere più vicini al cuore dell’isola…